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I vini dei produttori dell’Associazione Mamojà sono vini dal carattere fortemente territoriale e identitario, ottenuti da uve di Mamoiada e da fermentazioni spontanee. Ogni vino ha una sua unicità determinata soprattutto dalla vigna di produzione, dallo stile del produttore e da altre variabili come l’annata.
Oggi l’orientamento dei produttori Mamojà è di fare vini di “Ghirada”, ossia vini ottenuti dalla vinificazione di un singolo appezzamento di vigna. A Mamoiada infatti tradizionalmente, anche per funzionalità, si vinificano separatamente le singole “ghiradas”, e in ogni botte c’è riportato il nome della stessa.
Oggi i vini Mamojà, sia quelli ottenuti dal blend dei diversi vigneti, sia quelli di Ghirada, coesistono e sono sempre più apprezzati a livello mondiale per la loro qualità e genuinità: il vino Mamojà si fa portavoce del territorio e della comunità di Mamoiada.

 

Cenni storici
Mamoiada, dal 1855, aveva 65 ha vitati, la vite si è diffusa maggiormente dopo la seconda guerra mondiale negli anni 50, fino a raggiungere i 420 ha con la nascita della cooperativa sociale, imposta però con metodo coercitivo dalla Cassa per lo Sviluppo del Mezzogiorno, il che ha portato alla sua crisi nel giro di pochi decenni. I viticoltori non erano abituati, per mentalità, a gestire un’attività con portafoglio e responsabilità comune. Inoltre non si sentivano rappresentati dalla qualità del vino prodotto, non rispondente a quello che avevano incarnato per aromi e sapori e originato da una trasformazione naturale fatta in casa, senza uso di tecnologie spinte o di coadiuvanti in maniera indiscriminata.
Il vino della cooperativa era definito dispregiativamente “vino di cantina”, in esso i Mamoiadini non si riconoscevano. Nata nel 1954 la nostra Cantina Sociale è fallita definitivamente nel 1980 e in questi anni (soprattutto, dopo i contributi dati per gli espianti) gli ettari vitati sono diminuiti fino a 200.
Per altri vent’anni a Mamoiada si è prodotto solo vino sfuso fatto in casa, questo ha cementato ulteriormente il legame della comunità con il vino del territorio, preservandoci dall’era moderna del vino, dalla sua industrializzazione.
Dal 2000 piccole cantine familiari hanno iniziato a rimettere il vino di Mamoiada in bottiglia e in generale, anche in questa fase, il modo di fare il vino non ha subito particolari influenze esterne, si è continuato a fare le fermentazioni spontanee con uso di piccole quantità di solfiti, e questi vini continuano ad essere caratterizzati da una marcata territorialità e genuinità.

 

Il vino di Mamoiada oggi
Nel 2015, prima della nascita dell’Associazione Mamojà, le Cantine che imbottigliavano il vino erano 3, oggi sono 33, un trend in crescita. Gli ha vitati sono 350 e si producono circa 400.000 bottiglie, 4 milioni di euro circa di fatturato, un centinaio di posti di lavoro, l'aumento della componente femminile e sopratutto, di giovani che restano a Mamoiada e investono le loro risorse nel territorio (un fenomeno in controtendenza rispetto a molti paesi del centro Sardegna).
I vari movimenti del mondo del vino (quello biologico, biodinamico, naturale in opposizione a quello industriale) hanno incontrato a Mamoiada una realtà arcaica.
Il lavoro di tutela e valorizzazione del territorio svolto dall’Associazione Mamojà in questi anni, ha incentivato le Cantine associate (oggi 22) a conservare le tecniche tradizionali-sostenibili di produzione e di trasformazione e, in più, preservare un valore aggiunto che si è disperso in tanti territori: la comunità unita che continua a fare il vino del territorio, un vino identitario, che ama e vive in casa e fa festa, migliorandolo in maniera corale e presentando sul mercato non solo la bottiglia, il produttore o l’aderenza ad un regolamento o ad un movimento, ma un territorio con tutta la ricchezza che contiene nei molteplici aspetti.
Il futuro del vino noi crediamo, sarà polarizzato non nelle singole aziende, per quanto capaci di farsi strada e di comunicare, ma in un territorio e in una comunità di vignaioli che è la vera condizione naturale di produzione.

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